
E’ stato definitivamente convertito in legge il decreto emanato dal Governo, che dispone le modalità del recupero del bonus fiscale. Il testo approvato tiene conto dell’emendamento approvato dalla Camera che, ovviamente, non ha subito modificazioni.
Il Governo è riuscito anche a respingere tutti i tentativi portati avanti dall’opposizione (Margherita, D.S) tendenti ad ottenere, attraverso l’approvazione di un ordine del giorno, l’interpretazione dell’emendamento presentato alla Camera dal deputato della Lega on.le Gibelli che poteva significare una modifica importante per la categoria.
Purtroppo al Senato la medesima collaborazione registratasi all’altro ramo del Parlamento tra alcuni partiti della maggioranza (Lega, A.N.) e opposizione, non si è potuta riscontrare e così la possibilità di rendere molto più difficile l’applicazione delle norme di recupero è andata persa.
Il dibattito comunque è stato serrato e diverse volte la seduta è stata sospesa per la mancanza del numero legale e il Governo deve ringraziare la presenza dell’opposizione in aula, se in conclusione del dibattito, il decreto è stato approvato. Forse l’abbandono dell’aula dei gruppi dell’opposizione sarebbe stato più di utilità alla categoria; ma questa resta un’opinione personale.
Un risultato politico, che forse potrebbe essere usato in caso di eventuali ricorsi che i singoli operatori, pur con l’ausilio delle associazioni potrebbero pur sempre presentare, è stato raggiunto con un ordine del giorno che impegna il Governo ad effettuare alcune iniziative per tutelare al meglio le imprese di autotrasporto italiane.
L’ordine del giorno impegna infatti il Governo ad: accertare in sede comunitaria se altri Stati abbiano operato in violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza nel settore dell’autotrasporto e, ad esito delle stesse, adottare le conseguenti misure; adoperarsi a sostegno delle imprese di autotrasporto italiano in modi conformi alle regole comunitarie e tali da assicurare ad esse la migliore competitività.
Una attenta lettura del testo potrà fornire un’idea di cosa potrà essere ovviamente contestato al ministero quando invierà la prima comunicazione, relativamente al computo per il recupero del bonus fiscale, tenendo anche presente quanto si può desumere dal parere legale espresso e pubblicato qui di seguito.
Con l’approvazione del provvedimento si conclude la fase del lavoro parlamentare e riprende quella di carattere più squisitamente sindacale.
E’ convinzione profonda della Conftrasporto che la questione bonus fiscale debba essere risolta nella vertenza più ampia sui costi europei e non attraverso impugnative che lascerebbero sempre il singolo operatore in balia delle commissioni tributarie o dei tribunali.
Conftrasporto è attrezzata anche per coprire tale ipotesi ma la strada maestra rimane quella della trattativa per una soluzione complessiva che risolva definitivamente, e per tutti gli interessati, sia la questione più evidente sia quelle di carattere generale.
Il Segretario Generale Conftrasporto Paolo Uggé
PARERE LEGALE
– OMISSIS – Oggetto: Bonus Fiscale autotrasportatori 1992,1993, 1994. Decreto Legge 20 marzo 2002 n.36, non ancora convertito – Aggiornamento del parere pro veritate del 6 marzo 2002.
Facendo seguito ai contatti telefonici recentemente intercorsi, Le inviamo come d’intesa un aggiornamento del parere pro veritate in data 6 marzo u.s. trasmettendoLe queste brevi note che tengono conto della disciplina recentemente introdotta dal Decreto Legge 20 marzo 2002 n.36, peraltro non ancora convertito, recante “Disposizioni urgenti per ottemperare ad obblighi comunitari in materia di autotrasporto” in materia di “recupero delle somme destinate agli autotrasportatori nella forma del riconoscimento in un credito di imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994”.
Dopo aver attentamente preso in esame il suddetto Decreto Legge n.36/2002, nonché l’emendamento approvato dalla Camera dei Deputati il 9 maggio u.s. – essendo realisticamente verosimile che la disciplina in esso contenuta venga riproposta in tempi molto brevi, attraverso la reiterazione del Decreto non convertito – osserviamo quanto segue.
a) In primo luogo, riteniamo che la recente disciplina del D.L. n.36/2002 non modifichi le precedenti conclusioni alle quali siamo pervenuti nel parare pro veritate del 6 marzo u.s., nel quale – in sostanza – abbiamo ritenuto opponibili all’Amministrazione da parte delle Imprese di autotrasporto la decadenza e/o prescrizione dell’azione di accertamento e recupero dei tributi non pagati per gli anni 1992, 1993 e 1994.
b) La circostanza che l’attività di recupero delle somme in questione risulti affidata al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (e non al Ministero dell’Economia e delle Finanze), non sembra mutare la natura del credito, da credito di imposta a credito puramente civilistico. Del resto, le disposizioni tutte richiamate nel comma 1 dell’articolo 1 del D.L. n.36/2002 introdussero il riconoscimento di detrazioni fiscali nella forma di crediti di imposta.
Ciò del resto risulta ulteriormente confermato proprio nel suddetto primo comma ora citato, ove si legge “Le disposizioni del presente decreto definiscono le modalità per il recupero delle somme destinate agli autotrasportatori nella forma di riconoscimento di un credito di imposta per gli anni 1992, 1993 e 1994”.
c) Di conseguenza, come già evidenziato al richiamato paragrafo 7.0 del parere pro veritate, rimane confermata l’opinione che siano opponibili da parte dei beneficiari i termini di decadenza e/o di prescrizione che risultino stabiliti dalle singole disposizioni fiscali, trattandosi di recupero di somme che rappresentano tributi non versati (in particolare, a seconda delle modalità in concreto seguite da ciascun avente diritto per effettuare la compensazione, potrebbe trattarsi di IRPEF, IRPEG, IVA, ILOR, ritenute alla fonte sulle retribuzioni e sui compensi).
d) Tutto ciò parrebbe ulteriormente confermato dall’assorbente rilievo che la normativa introdotta dal D.L. n.36/2002 ha come proprio ambito di applicazione esclusivamente la definizione delle “modalità per il recupero delle somme” in questione.
Il che conferma ulteriormente che il legislatore non ha comunque inciso – nè avrebbe potuto farlo – sulla natura del credito erariale a titolo di imposta non versata dal contribuente, con le conseguenti implicazioni circa le modalità di estinzione, anche per prescrizione e/o decadenza, del credito stesso.
e) Tanto premesso, è evidente che per ogni eventuale azione di resistenza e/o contestazione avverso la pretesa fiscale che verrà accertata dal Ministero, occorrerà tenere presente la vigente normativa sul contenzioso tributario.
f) A tale proposito, occorre ricordare che – con la modifica all’articolo 2 del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 introdotta dall’articolo 12, comma 2, della Legge 28 dicembre 2001 n.448 (Finanziaria 2002) – è stata ampliata la giurisdizione delle Commissioni tributarie.
La nuova definizione della giurisdizione tributaria, come contenuta nella versione novellata dell’articolo 2 del Decreto Legislativo citato, prevede che “Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio Sanitario Nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi ed ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti di esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art.50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n.602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”.
g)Ciò, del resto, risulta anche confermato dalla recente Circolare n.25/E del 21 marzo 2002 emessa dall’Agenzia delle Entrate.
Pertanto, considerato che il primo comma dell’articolo 19 del Decreto Legislativo n.546/1991 (recate le Disposizioni sul processo tributario) indica tutti gli atti autonomamente impugnabili, e che il terzo comma del medesimo articolo 19 dispone che “ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri”, ne deriva che occorre individuare, sulla base della disciplina del recante Decreto Legge n.36/2002, quali siano gli atti del procedimento di recupero autonomamente censurabili per vizi propri, per fare tempestivamente valere l’eccezione di prescrizione e/o di decadenza.
Infatti, come anche evidenziato nella rammentata Circolare n.25/E dell’Agenzia delle Entrate, il meccanismo processuale vigente del contenzioso tributario, comporta ad esempio che in sede di ricorso avverso cartella di pagamento preceduta da avviso di accertamento o da provvedimento di irrogazione di sanzioni, non si possano più sollevare censure od eccezioni relative all’atto presupposto che non sia stato tempestivamente impugnato.
h) Mutatis mutandis, applicando questo meccanismo del contenzioso tributario alle modalità di recupero previste dal D.L. n.36/2002, parebbe cautelativamente doversi individuare, nella “comunicazione individuale” prevista dal quarto comma dell’articolo 2, un vero e proprio “avviso di accertamento del tributo”, come previsto alla lettera a) del primo comma dell’articolo 19 del D.Lgs n.546/1992.
Pertanto, mancando ogni precedente interpretativo, avverso tale avviso di accertamento dovrebbe cautelativamente esperirsi il ricorso giurisdizionale alle Commissione Tributarie, nel termine decadenziale di sessanta giorni dalla data di ricevimento. E ciò ancorchè nel suddetto quarto comma del citato articolo 2 del D.L. n.36/2002 sia prevista la concessione di un termine di trenta giorni per “eventuali” osservazioni e produzione di documenti.
i) Per le stesse ragioni, parrebbe doversi individuare un vero e proprio “avviso di liquidazione del tributo” (articolo 19, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 546/1992) nell’atto previsto dal comma 6 dell’articolo 2 del D.L. n.36/2002, con cui il Ministero provvede a “richiedere espressamente il pagamento nei riguardi di ciascun soggetto interessato”.
Anche questo ulteriore atto parrebbe essere autonomamente impugnabile, limitatamente tuttavia ai vizi propri, non potendosi più in questa sede proporre eccezioni e/o deduzioni che non siano state fatte precedentemente valere nei confronti della presupposta e precedente “comunicazione individuale”.
j) In altri termini, il meccanismo procedimentale introdotto dal recente D.L. n.36/2002 si articola in un primo atto (“comunicazione individuale”) avente ad oggeggo l’an debeatur, ed in un secondo atto (“richiesta di pagamento”) avente ad oggetto la definitiva determinazione del quantum debeatur.
Tra l’uno e l’altro dei suddetti provvedimenti accertativi del credito erariale può verificarsi una preclusione decadenziale in danno dell’Impresa di trasporto che non abbia tempestivamente adito la Commissione Tributaria per eccepire l’intervenuta decadenza o prescrizione del credito erariale contestando subito con ricorso giurisdizionale alla Commissione Tributaria l’an debeatur, non potendosi successivamente più dedurre tale eccezione avverso la successiva richiesta di pagamento (quantum debeatur).
k) In conclusione, la presente integrazione del precedente parere pro veritate ha principalmente lo scopo di richiamare l’attenzione della F.A.I. sul fatto che il D.L. n.36/2002 è congegnato in maniera tale da indurre in inganno molte Imprese di trasporto, facendo scattare meccanismi di decadenze e preclusioni per coloro che non si attiveranno tempestivamente per contrastare gli atti di accertamento del tributo che perverranno a ciascuna Impresa interessata.
l) Un primo meccanismo ingannevole si nasconde nel quarto comma dell’articolo 2, laddove prevede un “termine di trenta giorni per eventuali osservazioni e produzioni di documenti”: la disposizione potrebbe indurre le Imprese interessate a ritenere sufficiente l’invio in via amministrativa di dette osservazioni e documenti, senza necessità di ricorso alla Commissionne Tributaria. Tuttavia, ciò comporterà che il Ministero sarà libero di non accogliere le osservazioni dell’Impresa e, decorsi i sessanta giorni potrà richiedere il pagamento come previsto dal sesto comma del medesimo articolo 2. In tale ipotesi, la preclusione in danno delle Imprese si sarà irrimediabilmente verificata.
In proposito, vale segnalare che nella più volte ricordata Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 21 marzo 2002, si legge:
“7. ABROGAZIONI IMPLICITE
“Il principio dell’esclusività della giurisdizione tributaria ha determinato il venir meno della generale competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria in materia di imposte e tasse, finora sancita dall’articolo 9 comma 2 del codice di procedura civile.
“…Omissis… si ritiene che il novellato articolo 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992 esclude la possibilità di continuare ad avvalersi dei rimedi amministrativi.
“Sul punto l’Avvocatura Generale, interpellata al riguardo, ha argomentato che “la stessa configurazione del giudizio tributario ivi delineato – strutturato come un giudizio di impugnazione da proporsi necessariamente nel rispetto di un breve termine perentorio decorrente dalla notifica dell’atto “espresso” (confr. art. 21 co.1 D.Lgs n.546) – vale a confermare la esclusione della ammissibilità, nelle materie tributarie ivi considerate, di un ricorso amministrativo (sia pure facoltativo e concorrente), non essendovi alcuna disposizione che consenta di raccordare temporalmente tale ipotetico (ma ripetesi, neppure menzionato) ricorso e la sua decisione con il ricorso giurisdizionale avanti le Commissioni, da proporsi nell’indicato termine di decadenza – come tale non suscettibile di interruzione e neppure, in difetto di diversa disposizione, di sospensione (art.2964 c.c.) – e che, in difetto di specifica previsione non potrebbe neppure farsi decorrere dalla notifica della decisione stessa…”.
“Si deve quindi, ritenere che gli atti di cui all’articolo 19 del D.Lgs n.546 del 1992 acquistano definitività se entro sessanta giorni dalla notifica non siano impugnati presso la commissione tributaria provinciale; ad impedire tale evento non può valere un ricorso gerarchico o in opposizione…omissis…”.
m) Un secondo meccanismo ingannevole si nasconde nel comma 6 articolo 2 del D.L. n.36/2002, che prevede la richiesta del quantum avverso la quale dovrebbe proporsi ricorso giurisdizionale alla Commissione Tributaria per evitarne la definitività.
n) Un terzo meccanismo ingannevole si rinviene infine nel settimo comma del medesimo articolo 2, che nel prevedere la possibilità dell’istanza di rateizzazione, tende sostanzialmente ad acquisire una sorta di acquiescenza da parte delle Imprese interessate, con ogni conseguente effetto perverso di cui si è fatto già cenno al punto 9.0 del parere pro veritate del 6 marzo 2002.
Cogliamo l’occasione per inviarLe i più distinti saluti.
– Omissis –
Il presente parere legale è stato pubblicato a seguito di opportuna autorizzazione.
Fonte:
Redattore: Il Segretario Generale di Conftrasporto Paolo Uggé